Pianeta acustico
Architettura

Pianeta acustico

L’abbecedario di suoni sconosciuti e misteriosi di Trevor Cox

Immaginate ipoteticamente di chiudere gli occhi e di provare a percepire lo spazio e gli oggetti intorno a voi attraverso l’udito, sapere la loro posizione e di capirne la loro entità visualizzando la loro forma, probabilmente avrete sviluppato dei superpoteri alla Daredevil. Mi spiace deludervi, tutto ciò non è ancora possibile, ma quello che possiamo percepire sono già una grande quantità d’informazioni: distinguere l’esterno dall’interno di un edificio, differenziare una grande ambiente da uno piccolo sfruttando il riverbero, capire la quantità di ostacoli che si trovano davanti a noi. Al di là della funzione spaziale locomozionale, l’udito si collega attraverso connessioni sinaptiche anche ad una grande quantità di sensazioni, e soprattutto agli altri sensi, che ci permettono di percepire lo spazio anche emotivamente.

Banalmente se camminiamo in una grande città durante l’ora di punta la frenesia dei trasporti e i vocii degli assembramenti delle persone generano in noi uno stato di stress non indifferente. Si stima, infatti, che nei paesi dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) più di 150 milioni di persone siano esposte a livelli di rumore superiori ai 65 dB indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come soglia di sicurezza. Le conseguenze alla prolungata esposizione sono progressive, e creano una serie di problematiche che non si riscontrano subito ma a lungo termine: da condizioni fisiche quali ipertensione, stress e aggressività a più semplicemente generare effetti sul comportamento sociale e residenziale che potrebbero creare interferenze nella comunicazione verbali e compromettere la produttività e le performance per quanto riguarda ambienti lavorativi.

A livello pratico, l’esempio dell’involucro della Beetham Tower di Manchester che entrava in risonanza nel momento in cui cresceva la velocità del vento fanno comprendere le conseguenze di una superficiale attenzione alle scelte tecniche. “Una possibile soluzione al problema, quindi, consisterebbe nel variare le dimensioni delle lastre e la distanza che le separa, spostando la risonanza a una frequenza inaccessibile ai venti più violenti”. Questa è una soluzione offerta da Trevor Cox (professore di ingegneria acustica all’università di Salford, in Gran Bretagna) nel suo illuminante libro “Pianeta acustico” che si articola come un abbecedario di suoni sconosciuti e misteriosi in cui l’esperienza tecnica si trasforma in un viaggio scientifico e suggestivo intorno al globo.

Tra le numerose forme ed affascinanti condizioni fisiche che riesce a generare il suona una di queste merita una particolare attenzione: il silenzio. Quella muta sinfonia, che da molto tempo non sappiamo più cosa sia o come goderne realmente, è lo scopo di alcune ricerche svolte da ingegneri del suono attraverso la progettazione di camere anecoiche tra cui la guinness world record della Orfield Laboratories.

Per definizione sono gli unici ambienti in cui è possibile percepire il silenzio assoluto e comprenderne la reale sensazione tanto da ispirare il celebre compositore John Cage nella realizzazione del brano 4’33”: anticonvenzionale pezzo in cui il silenzio è la vera musica spostando così l’attenzione dal compositore al pubblico che diviene parte di un’esperienza condivisa. In fondo l’udito è solo uno dei cinque sensi che ci rendono agevoli le più piccole azioni, utilizzarli all’interno della progettazione come strumento di innovazione potrebbe essere il passo da fare per aumentare lo stato di comfort o per migliorare l’interazione uomo-macchina. Si capisce subito come, nel corso di questi ultimi decenni e nel corso del prossimo futuro, l’asse focale delle scelte progettuali si potrebbe spostare da come è l’entità dell’edificio a come esso interagisce con l’uomo per salvaguardare il suo benessere.

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