I draghi vivono fino a 32 anni
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I draghi vivono fino a 32 anni

Il prossimo 27 novembre Bruce Lee avrebbe compiuto 77 anni. Leggenda senza tempo, l’inventore della “via che intercetta il pugno” e l’autore di film che molti di noi hanno visto e amato, nella sua breve vita egli è riuscito a cambiare per sempre il mondo delle arti marziali.
Ma cosa è rimasto, oggi, del suo modus vivendi?

Hong Kong, 20 luglio 1973: Bruce Lee si stende per riposare e placare un acutissimo mal di testa, senza mai più svegliarsi. Un edema cerebrale, dal quale era già stato salvato pochi mesi prima, lo portò via dall’affetto della moglie e dei due figli.

La vita - Nato il 27 novembre 1940 nel quartiere Chinatown di San Francisco, ma cresciuto a Hong Kong, il piccolo Lǐ Xiǎolóng è un giovanotto molto esuberante, poco propenso allo studio e spesso e volentieri coinvolto in piccoli scontri con la malavita giovanile locale. Alla luce di ciò, iniziò a studiare Wing Chun, uno dei più famosi tipi di Kung Fu (particolarmente adatto, a differenza del Tai Chi Chuan, alla sua peculiare e spiccata velocità) sotto la guida del Maestro Ip Man. Continuò ad allenarsi con lui fin quando, nel 1959, il padre lo mandò a vivere a San Francisco dallo zio.
Nel 1962 Bruce si trasferì a Seattle e, dopo aver lavorato come cameriere, terminò gli studi alla Edison Tech e si iscrisse successivamente alla facoltà di filosofia.
Parallelamente, il suo interesse per le arti marziali non si affievolì; al contrario, aprì anche una sua scuola di arti marziali, inizialmente malvista a causa del razzismo dilagante nell’alta società americana a cavallo fra gli anni ’60 e ’70.
Bruce fu anche attore; in Occidente è ricordato principalmente per quattro pellicole: Il furore della Cina colpisce ancora, Dalla Cina con Furore, L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente (ricordato soprattutto per l’iconico scontro finale all’interno del Colosseo contro Chuck Norris), e soprattutto l’iconico I Tre dell’Operazione Drago. Un quinto film, L’ultimo combattimento di Chen, è uscito postumo.

Il lascito - Venendo a contatto con il mondo Occidentale, dimostrò curiosità per tutti gli stili con cui in qualche modo entrava in contatto, soprattutto la boxe e la scherma. Egli maturò sempre più l’idea che la gran parte delle arti marziali “classiche” fossero obsolete, in quanto una mera combinazione di coreografie troppo rigide e poco adatte a situazioni reali. Questa opinione gli portò impopolarità nelle frange più conservatrici delle comunità marziali, specialmente cinesi. Pur avendo vinto diverse dimostrazioni, si rese sempre più conto che in contesti di combattimenti lunghi, si trovava sistematicamente senza fiato e risentiva della poca preparazione atletica.
Nel 1970, a causa di un movimento errato della schiena, si infortunò gravemente e non potè allenarsi per diverso tempo. Il periodo di riabilitazione, che lo tenne impossibilitato ad allenarsi per diverso tempo, gli diede modo di raccogliere tutte le sue note, con l’aiuto della moglie Linda Emery, e pubblicare il suo primo libro, The Tao of Jeet Kune Do.

Lo stile di non avere uno stile - Bruce Lee non era molto avvezzo a voler dare un nome alla sua arte marziale, dato che esso era una sintesi di tecniche e concetti ereditati da stili diversi. La peculiarità della sua filosofia era il mettere in risalto l’importanza di uscire dagli schemi, senza vincolarsi a questa o quell’arte, cioè la convinzione che ciascuno debba «rifuggire ciò che è inutile, assimilare al meglio ciò che è utile e adattarlo alle proprie capacità».
Lee battezzò il suo stile Jeet Kune Do, cantonese per “la via del pugno che intercetta”.  Ed è letteralmente così, nel senso che alla base di quella che viene da molti annoverata come la prima vera arte marziale mista, vi è proprio l’idea che il modo migliore per difendersi da un colpo in arrivo sia attaccare con un pugno più veloce diretto nelle zone scoperte dell’avversario. Nell’arco dei suoi soli 32 anni di vita, Bruce Lee ha studiato una varietà impressionante di arti marziali, tentando di trarre da ciascuna le tecniche e i concetti più efficaci, e spingeva i suoi studenti a fare altrettanto.
Ironicamente, in molti casi, oggi accade il contrario: molte di queste arti marziali guardano ai principi cardine del JKD e tentano di applicarli alle proprie tecniche.

L'eredità - La filosofia di Bruce Lee ha portato il suo stile, anche dopo la sua morte, a evolversi continuamente, in virtù degli influssi che i vari studenti nel mondo vi hanno applicato. Oggi non è insolito trovare maestri che, per quanto possibile, tentano di insegnare la filosofia di Bruce Lee nel modo più fedele possibile, sentendo però l’esigenza di integrare con altre arti reputate affini. In seguito alla sua morte l’artista marziale filippino-statunitense Dan Inosanto, allievo e amico di Bruce Lee, ha fondato la Inosanto Academy (ancora operativa in California). Qui, a dimostrazione dell’estrema versatilità del JKD, se ne insegna una versione integrata col Kali filippino, e il modello di questa scuola è uno dei più tipici quando si cerca un dojo per imparare il Jeet Kune Do.
Anche in territorio italiano, non è raro trovare scuole che integrino gli insegnamenti del JKD con il Kali e con il Silat indonesiano.
L’eredità di Bruce Lee non è circoscritta alle arti marziali: molti film e documentari su di lui sono stati girati e distribuiti. La sua vita, seppur breve, è stata oggetto di un libro (scritto dalla moglie), da cui è stato tratto un film nel 1993, e una serie televisiva cinese, composta da 50 episodi, di cui 30 anche trasmessi da Rai4 in Italia.

Sii acqua, amico mio. - In una famosa intervista, Bruce pronunciò una delle sue frasi più iconiche, a sintetizzare la sua filosofia: «Sii senza forma, senza dimensione; come l’acqua. Se metti l’acqua in una tazza, ella diventa la tazza, se la metti in una teiera ella diventa la teiera. L’acqua può scorrere, o può distruggere. Sii acqua, amico mio.»
L’idea stessa di immaginare se stessi come acqua è una metafora che, in due parole, denota l’importanza della flessibilità nell’approccio marziale, ma per estensione anche in tutti gli altri aspetti della vita. L’acqua non è solo flessibile, ma è anche simbolo di vita, di pace e di tranquillità, ma che ha il potenziale per essere distruttiva.

Bruce Lee è morto a 32 anni, la stessa età alla quale molti di noi oggi hanno da poco iniziato a lavorare e costruire una famiglia. Il suo lascito, poco conosciuto in Occidente rispetto a quanto dovrebbe essere, sopravvive nel mondo anche a distanza di 40 anni.

Immagine di copertina: https://comicvine.gamespot.com

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