Digital Art
Belle Arti

Digital Art

Nell’era della tavoletta grafica e dei software che sostituiscono tempere ed acquarelli

Le guglie del Duomo, sfiorate dal sole, si illuminano regalandoci una visione spettacolare, appena usciti dalla metro. Uno stupore, una meraviglia paragonabili all’osservare una grande opera rinascimentale, se non fosse per turisti e fastidiosi volatili che inquinano la scena. In ogni caso, quella è arte, quelli sono esempi che uomini del passato ci hanno lasciato, insieme a tecniche e sapere, da conservare e tramandare.

Se non fosse che l’umanità si evolve, cambia, inventa ed innova, cerca continuamente di oltrepassare i suoi limiti. Perché, allora, non può essere considerato arte anche tutto ciò che è prodotto attraverso mezzi informatici e multimediali? Perché la cosiddetta “Digital Art” è ancora vista con scetticismo da gran parte di noi?

Le nuove tecnologie hanno profondamente trasformato la società, ed il mondo dell’arte non ha potuto che risentirne ed esserne influenzato. Dopotutto, è tramite essa che l’uomo ha da sempre comunicato i contenuti culturali caratteristici del suo tempo. Il suo linguaggio si è dovuto adattare ed ha potuto sfruttare i nuovi strumenti a disposizione.

Partiamo dal presupposto che certo, l’accuratezza dello strumento informatico può compensare qualche carenza, ma soprattutto porta una qualità che prima era inimmaginabile. La precisione è un requisito fondamentale in molte discipline, nell’architettura, nell’ingegneria, nella medicina; l’arte, invece, può scegliere se utilizzarla, non è essenziale ma può essere richiesta. Pixel, piccoli pezzi nel puzzle dell’artista contemporaneo o del designer, possono essere salvati e conservati, idealmente, per un tempo illimitato, modificati e poi riportati alle condizioni originarie, con un notevole risparmio di energie e tempo.

Ma può l’artista, in questo caso, farsene una colpa? E’ anche vero che, con il digitale, è facilissimo copiare immagini preesistenti, spacciarle per proprie, applicare un semplice effetto e compiacersi del proprio risultato. Sembra che tutti possano sentirsi artisti adesso, anche se non si sa di che cosa si stia parlando. Tuttavia, proprio perché è tutto on-line, scoprire se qualcosa è falso è molto più semplice di prima. E poi, è comprovato che se non si sa disegnare nella realtà è altrettanto difficile che ne si sia capaci virtualmente.

Ovviamente se si usano tavoletta grafica e Photoshop non si dovranno mescolare tempere ed acquerelli, ovviamente il tratto sarà minimamente influenzato dalle logiche del programma e dai sensori, ovviamente l’immagine potrà essere tagliata e deformata a proprio piacimento. Il fatto è che tutto ciò, ai fini dell’arte, oggi, non è rilevante, non è parte dell’obiettivo che si prefissa. Bisogna smettere di considerarla nel suo mero tecnicismo, perché essa acquisisce senso quando la si osserva nella sua interezza, nel processo creativo ed ideativo che la rende unica e ne racchiude il significato più vero e pregnante. L’arte, citando Parmiggiani, “è una domanda che vuole restare tale”; non è qualcosa che si può spiegare ad un computer; non è solo realtà, ma sentimento. In passato c’erano possibilità, oggi ce ne sono altre, più veloci ed immediate, in linea con i tempi; sarebbe controproducente non sfruttarle.

Inoltre, il digitale nasce da un’esigenza dettata dall’uso che noi facciamo della tecnologia: è quasi impossibile che la foto di un dipinto a olio renda tanto quanto vedere l’opera dal vivo. L’arte digitale è invece pensata, fin dall’inizio, per una fruizione essa stessa multimediale. Cosa più importante, gli artisti digitali non si sono fermati a copiare le tecniche del passato: nuovi stili, nuovi effetti sempre più straordinari si ritrovano nelle opere diffuse in rete. Fondamentalmente, sono convenzioni e pregiudizi ad averci sempre imposto che solo ciò che si vede in un museo abbia una specie di sacralità, di “garanzia di qualità”, ufficializzata da autorità competenti. E per inciso, Picasso e Braque, già un secolo fa, facevano collages, oggi contesi dalle gallerie di tutto il mondo. Se quello non era barare…

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