Escher
Belle Arti

Escher

Maurits Cornelis Escher (Leeuwarden, 1898 – Laren, 1972)
incisore e grafico olandese

Ultimo di quattro figli di un ingegnere civile e di sua moglie, non particolarmente brillante nello studio ma con spiccate doti di disegno, si iscrive alla scuola di Architettura e Arti Decorative ad Haarlem, per poi proseguire con studi dedicati esclusivamente alla grafica.

La sua produzione artistica, composta di litografie, xilografie, stampe, schizzi e disegni di studio, riguarda temi di vario genere che testimoniano l’interesse del grafico per lo studio della realtà e della sensibilità dell’uomo nei confronti di ciò che lo circonda.

L’opera è un gioco emozionante di rappresentazioni che stupiscono l’osservatore, a volte confondendolo. Come sostiene lo studioso Jan W. Vermeulen, essa è lontana dal mero tecnicismo; l’artista non è esecutore di una tecnica puramente matematica il cui soggetto è la tecnica stessa. Tale lettura non si allinea alla sua personalità sensibile e poetica. Si può invece inscrivere l’opera di Escher all’interno di una cornice di razionalità nella rappresentazione, che non metta però in secondo piano la sua immaginazione o la sua ammirazione per la natura e la realtà; solo ammettendo la complessità della sua arte si possono comprendere i diversi livelli di comunicazione con i quali essa entra in contatto con l’osservatore.

È possibile individuare all’interno dell’esperienza artistica di Escher opere che mostrano un  approccio realistico alla materia, come i lavori eseguiti durante il soggiorno a Roma ed i numerosi viaggi in Italia; i soggetti più comuni, come scorci di paesaggi e cittadine meridionali quali Castrovalva ed Atrani, raffigurati all’insegna della discretizzazione e della composizione volumetrica, saranno d’ispirazione all’artista per tutta l’esistenza.

I lavori appartenenti al filone meno realistico denotano l’approccio giocoso alla realtà e verso la sua rappresentazione; egli ne parla dicendo:

“I miei soggetti sono spesso anche giocosi. Non posso esimermi dallo scherzare con le nostre certezze. Ad esempio è un piacere mescolare il bi e il tridimensionale, il piatto e lo spaziale, giocare con la gravità.”

Proprio tale caratteristica provocatoria della rappresentazione di Escher, che in alcune opere come Cascata o Salita e discesa illudono l’occhio dell’osservatore, sono la testimonianza ottimistica dell’artista; egli si propone di dimostrare quanto la realtà, apparentemente governata dalla casualità degli eventi e dall’inspiegabilità dei fenomeni, sia invece ordinata da precise leggi,

“Cerco con le mie stampe di testimoniare che viviamo in un mondo bello e ordinato, e non in un caos senza forma, come talvolta sembra.”

la principale delle quali è identificata nella gravità e descritta alla stregua di “tiranno”  ma simultaneamente come “curioso e fecondo miracolo di tutta la creazione”.

L’ambivalenza con la quale descrive la gravità tanto quanto le leggi che governano il mondo dei sensi, la Ripetizione e la Moltiplicazione, sono il riconoscimento della finitudine del reale  e contemporaneamente uno stimolo per l’immaginazione dell’artista tesa al superamento di tali certezze.

In Relatività dà un esempio interessante del superamento di tali vincoli presentando una scena in cui agiscono simultaneamente tre forze di gravità, ottenendo come risultato una scena paradossale.

Un altro caso degno di nota è Limite del cerchio III, dal quadrittico di tassellazioni su legno, che affianca il tema del riempimento del piano a quello dell’infinito; nella loro combinazione Escher trova un’occasione per il superamento della limitatezza del foglio e della sua bidimensionalità: l’occhio si perde nell’interpretazione della trama provando a seguire la direzione delle figure che diminuiscono di dimensione non raggiungendo mai la linea di confine.

L’osservatore è attirato dalla produzione artistica di Escher per la curiosità delle sue opere, delle quali ricerca il principio organizzatore della composizione o il centro dell’illusione, poi chiedendosene il significato. Perciò la capacità dell’artista non si rivela solo nell’esecuzione tecnica o nella resa dei soggetti, ma nell’aver sviluppato un’arte che comunica all’osservatore tanto sul piano intellettuale quanto su quello emotivo, portandolo ad una comprensione che non troppo lontana da una partecipazione sensoriale all’opera.

Così nelle Metamorfosi, come in Limite del cerchio, in Belvedere, in Un altro mondo o nelle rappresentazioni del paesaggio italiano, l’artista permette all’osservatore di varcare la soglia di una dimensione caratterizzata dall’immobilità di spazio e tempo, nel tentativo di lasciarlo avvicinare al principio delle cose, ciò che egli definisce “Profondo, profondo infinito!”:

“Quiete, sognare lontani dalla tensione della vita quotidiana; navigare su un mare calmo, alla prua della nave, verso un orizzonte che continua ad allontanarsi; guardare le onde ed ascoltare il monotono e tenue sciabordio; lasciarsi sprofondare nell’inconscio.”

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