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I caratteri mobili da Bi Sheng a Gutenberg attraversano la Storia, fino ad approdare alla Milano Design Week 2017

Inchiostro: odore spesso e dolciastro; lieve e penetrante solletica le narici.
Ticchettio metallico. Una pressa. Aria tra la carta.
Clack clack.
Stampato.

La stampa a caratteri mobili è considerata una delle prime forme di design mai concepite; design comunicativo, oltre che visivo, poiché questo procedimento diede inizio ad una nuova era dello sviluppo della comunicazione umana.
Questa tecnica di stampa è da attribuirsi all’inventore cinese Bi Sheng, che anticipò il celeberrimo Gutenberg di 414 anni. Difatti, Bi Sheng (毕昇/畢昇) (990–1051) sviluppò in Cina, intorno al 1041 dC, il primo sistema noto di stampa a caratteri mobili, utilizzando materiali ceramici. Il sistema era, pressappoco, così funzionante: i caratteri erano impressi su blocchi di argilla e venivano posti su telai di ferro, a loro volta posizionati su delle piastre ferree; una volta che questi erano riempiti completamente, venivano scaldati in modo tale che la pasta, sulla parte inferiore, si sciogliesse leggermente, dopodiché veniva pressato un pannello liscio sulla superficie, per rendere il tutto compatto e resistente “come fosse pietra”. Questo metodo fu etichettato, nel corso della Storia, come “fragile” e “poco pratico per la stampa su larga scala”, ma diverse sperimentazioni e produzioni effettive hanno smentito suddette qualifiche: il sistema di Bi Sheng era sì poco pratico per una stampa di poche copie, ma risultava estremamente efficace e veloce per la stampa di centinaia di copie. Lo stesso Bi Sheng sperimentò anche l’utilizzo di caratteri mobili in legno, ma abbandonò tale tecnica a favore dell’argilla, poiché l’immersione dei blocchi nell’inchiostro evidenziava la presenza delle venature lignee, oltre al fatto che le differenti tipologie di legname mostravano disparità nell’assorbimento dell’inchiostro stesso.
I caratteri mobili in legno furono reinventati e riproposti nel 1298 da Wang Zhen (王祯/王禎), che sintetizzò la sua invenzione nel libro: “Un metodo per produrre caratteri mobili in legno per stampare libri”. Sempre in Cina, non più tardi del 12° secolo, furono inventati caratteri mobili in bronzo, che furono utilizzati principalmente per la produzione di carta moneta su larga scala, mentre i primi libri noti, stampati con l’ausilio di caratteri mobili metallici, sono coreani, datati 1234 dC.

In Europa ci fu Johann Gutenberg, che cominciò a sperimentare la tipografia nel 1439 a Strasburgo, dove egli insegnò ad Andres Dritzehen “un’arte misteriosa nella quale si adoperava un torchio e “diversi pezzi di metallo”: arte che vien chiamata “dem Trucken” da uno dei testimonî del processo e che dev’essere stata certamente una qualche forma di arte tipografica” [Enciclopedia Italiana Treccani, 1933].
Dieci anni più tardi, Gutenberg, assieme a Johann Fust, redisse diversi saggi tipografici, ai quali seguì la stampa della famosa Bibbia, terminata nel 1455, considerata tutt’oggi un vero e proprio capolavoro artistico.

Nei secoli a venire, la stampa si è rivoluzionata sempre più, ma il fascino e l’arte dell’utilizzo dei caratteri mobili sono rimasti immutati, sebbene accantonati a una nicchia di esperti ed amatori. Proprio con lo scopo di riscoprire quest’arte, che unisce letteratura, cultura e design, alla Milano Design Week 2017 è stato presentato Letterpress – The beginning of design, workshop organizzato dall’agenzia di comunicazione istituzionale CARTAEMATITA, in collaborazione con l’officina tipografica 9PT; workshop dedicato, appunto, alla stampa con caratteri mobili. “In un contesto generale nel quale il design di prodotto ritorna all’artigianato e l’oggetto in serie al oneoff, la stampa a caratteri mobili sta vivendo un periodo di grande rinascita proprio perché conserva intatta la pienezza tecnica e artistica di un lavoro unico” afferma il manifesto del progetto.
Prerogativa dell’Uomo essere nostalgico, così all’oggi si cercano nel passato forme d’arte che consentano di fuggire dalle automazioni e serializzazioni del presente: utile all’utile, bello al bello. Questo l’urlo di Letterpress, che noi accogliamo.

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